venerdì 9 marzo 2012

"John Carter" di Andrew Stanton


Tratto dal primo dei numerosi racconti dello scrittore Edgar Rice Borroughs (il creatore letterario di Tarzan) dedicati alle avventure marziane di John Carter, l’esordio in un film live action dell’acclamato regista d’animazione Andrew Stanton è senza tanti giri di parole un evidente passo falso. Chi si aspettava che l’autore di Alla ricerca di Nemo (2003) e WALL-E (2008) fosse in grado di trarre dalle affascinanti pagine di una delle prime saghe letterarie fantastico-fantascietifiche un universo cinematografico stimolante e pieno di interessanti trovate tanto sul piano della messa in scena che su quello narrativo, rimarrà inevitabilmente deluso.
Ambientato tra gli Stati Uniti d’America della seconda metà dell’Ottocento e Marte, John Carter racconta le incredibili vicende dell’omonimo personaggio protagonista (Taylor Kitsch), un tormentato veterano della guerra di secessione il quale, mentre scappa dagli indiani e dallo stesso esercito statunitense che lo insegue dopo la fuga di prigione, si ritrova improvvisamente e suo malgrado sul pianeta rosso. Anche qui, si troverà coinvolto in una tumultuosa e sanguinolenta guerra civile, tra vari temibili nemici da affrontare e qualche valido alleato. Naturalmente, si innamorerà di una bella principessa (Lynn Collins).


Per quanto la fantasiosa trama possa apparire sulla carta stimolante (del resto il racconto di Borroughs ha segnato l’immaginario popolare di inizio Novecento e non solo, condizionando i successivi sviluppi del genere fantastico-fantascientifico), il film è alla resa dei conti un blockbuster piuttosto fracassone e disordinato, con un budget monstre di 250 milioni di dollari ma  incapace di coinvolgere o emozionare chi guarda. Gli eventi marziani si susseguono frenetici e la superficiale sceneggiatura firmata dallo stesso Stanton con Mark Andrews e Michael Chabon non si rivela affatto in grado di mettere lo spettatore nelle condizioni di entrare davvero in empatia con alcuno dei personaggi principali. Anche se sono presenti alcune sequenze di un certo impatto (vedi ad esempio il montaggio alternato con cui vengono presentati i funesti ricordi terrestri di Carter e la feroce, iperbolica lotta contro una delle razze marziane) e taluni momenti di alleggerimento comico strappano qua e là qualche sorriso, le due ore e dieci di proiezione scorrono piuttosto lentamente e il sentimento di fondo che sostanzialmente prevale è la noia. L’uso del 3D, poi, è del tutto privo di interesse e non aggiunge assolutamente nulla alla classica visione bidimensionale che non necessita degli occhialetti.
Tra rimandi più o meno espliciti a tutta una serie di gradi avventure cinematografiche come Indiana Jones, Guerre Stellari, Il gladiatore fino anche al più recente Avatar, il film non dimostra di avere una propria vera identità e la narrazione si trascina stancamente fino a un finale che lascia inequivocabilmente aperte le porte al sequel, potenzialmente ben più d’uno dal momento che gli episodi letterari di Borroughs dedicati al cosiddetto Ciclo di Marte superano la doppia cifra. A questo punto, non resta davvero che sperare che il film di Stanton non si riveli un successo al botteghino.

Articolo pubblicato su cinemartmagazine







4 commenti:

  1. Due ore e 10 di simil-tamarrata in 3D e potrei morire.
    Tra l'altro non conosco nemmeno il romanzo da cui è tratto, quindi non nessun motivo di andarlo a vedere!

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  2. Non posso che consigliarti di non andarlo a vedere ... sono preziosi soldi risparmiati, visto che il film è anche in 3D e il biglietto è dunque più oneroso! Se avessi pagato per vederlo, non sarei affatto uscito contento dal cinema...

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  3. Ma infatti voglia di andare a vedere sta pacchianata pari a zero. Comunque forse il budget è di 250 milioni? :)

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  4. hai perfettamente ragione ... un refuso di battitura ... aggiungo subito i "milioni", grazie per la segnalazione!

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