martedì 6 maggio 2014

È possibile un nuovo cinema italiano? Intervista al produttore della Kimerafilm Simone Isola


La Kimerafilm rappresenta una delle realtà produttive e distributive più interessanti emerse nel panorama del cinema italiano degli ultimi anni. Fondata nel 2009 da alcuni ragazzi conosciutisi al Centro Sperimentale di Cinematografia, nei primi quattro anni di attività la società si è mossa con passione e tenacia dando vita e visibilità, nonostante i molteplici ostacoli incontrati, a opere indipendenti di giovani interessanti cineasti.
Impegnata nella produzione tanto di film di finzione quanto di documentari, oltre che nella distribuzione, la Kimerafilm si è da subito fatta notare grazie a Et in terra pax, l’ottimo lungometraggio d’esordio di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini vincitore nel 2011 di una menzione speciale ai Nastri d’argento. Fabrique ha incontrato Simone Isola, uno dei fondatori della Kimera, negli uffici della società a Testaccio.

La vostra prima esperienza è legata a Et in terra pax, presentato con successo a Venezia alle Giornate degli autori e in molti altri festival del mondo. Come è nato questo progetto per diversi aspetti innovativo?

Quando ancora non avevamo costituito la Kimera, già girava la bella sceneggiatura di Matteo e Daniele, che apprezzavo da tempo per i loro cortometraggi. Appena nata la società, quindi, abbiamo subito iniziato a lavorare per mettere su questo film a bassissimo costo andando alla ricerca di compartecipazioni e fondi privati. Intorno a maggio del 2009, poi, si è unito a noi Gianluca Arcopinto, nostro insegnante al Centro Sperimentale. E così dopo qualche mese, a settembre, siamo riusciti a partire con le riprese, nonostante il Ministero non ci avesse accordato il finanziamento. Il film, tra l’altro, è stato uno dei primi ad essere girato con la telecamera digitale ad altissima definizione Red One.
La cosa che più mi rende orgoglioso di aver prodotto Et in terra pax è che i giovani sotto i trent’anni che lo hanno realizzato, molti dei quali erano usciti da poco dal Centro o erano ancora allievi, hanno avuto la rara possibilità di esordire in Italia come capo reparto prima dei quarant’anni. Sono fermamente convinto che se anche le produzioni più grandi iniziassero ad affidare la realizzazione di film a giovani competenti e appassionati, il nostro cinema ne uscirebbe enormemente arricchito.


Quali sono gli spazi, in Italia, per le produzioni indipendenti come la vostra? E quanto è difficile investire su progetti originali in cui i giovani sono protagonisti?

Le difficoltà che si incontrano sono tantissime e gli spazi di manovra molto limitati. Ci si scontra quotidianamente con un sistema fondato su logiche che rendono estremamente complicato far arrivare al cinema una proposta coraggiosa e non convenzionale. Le difficoltà, poi, aumentano ulteriormente se si cerca di valorizzare i giovani talenti.
Per cambiare davvero le cose sarebbe necessario riformare in profondità tutto il sistema su cui si basa il cinema italiano, a partire dal meccanismo dei finanziamenti pubblici fino alla distribuzione, passando per l’insegnamento del cinema nelle scuole. Non solo si dovrebbero premiare maggiormente i progetti di qualità, ma sarebbe fondamentale costituire un circuito di distribuzione nazionale che si occupi esclusivamente di veicolare al pubblico le opere finanziate. In assenza di un cambiamento radicale, che sempre più si avverte come prioritario, le produzioni indipendenti saranno costrette a operare inseguendo delle sporadiche contingenze favorevoli, nell’assoluta impossibilità di dare continuità al loro lavoro.


Nonostante l’oggettiva avversità delle condizioni, attualmente avete diversi progetti in cantiere. Cosa ci puoi dire a riguardo?

Abbiamo appena prodotto con Arcopinto la nuova opera di Daniele Gaglianone, La mia classe, che racconterà la vita di alcuni ragazzi di origine non italiana e il loro rapporto con l’insegnante Valerio Mastandrea. Il film affronterà temi molto presenti nell’attuale dibattito sociale del nostro paese e sarà presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Giornate degli autori. Recentemente abbiamo poi concluso il documentario di Annarita Zambrano L’anima del Gattopardo, una coproduzione italo-francese cui hanno partecipato anche Rai Cinema e Ciné+, che riflette sulla Sicilia di oggi a partire dalle suggestioni offerte dalle opere di Tomasi di Lampedusa e Visconti. Sempre con la Francia abbiamo coprodotto Rosso cenere, il documentario di Adriano Aprà che andrà al Festival di Locarno. Stiamo inoltre collaborando al documentario di Luca Guadagnino su Bernando Bertolucci, Bertolucci on Bertolucci, e in autunno partiranno le riprese di un altro documentario di cui curerò la regia dedicato alla figura di Alfredo Bini, il produttore che permise a Pier Paolo Pasolini di esordire nel mondo del cinema.

Articolo pubblicato nel numero 3 di Fabrique du Cinéma (Luglio-Settembre 2013)

3 commenti:

  1. Molto interessante Luca, ho letto proprio poco tempo fa un post simile a proposito di un corto.
    Speriamo che il nostro cinema abbia sempre l'occasione per riscattarsi e tornare agli allori di un tempo!
    Buona serata amico mio!

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  2. io credo nelle potenzialità del cinema italiano.
    e questa intervista ringalluzzisce la mia fede

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  3. Nella e Patalice, grazie per i commenti! Speriamo davvero che al più presto possa verificarsi un cambio generazionale nel mondo del cinema in grado di rinnovare e "svecchiare" molte delle nostre produzioni, rendendole più audaci e "fresche" sia dal punto di vista narrativo che stilistico.

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